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11.1 Metodologia operativa: critica

A questo punto posso passare al modello attenzionale della mente. Ceccato già fin dal 1949 ha dato al suo approccio il nome di "Metodologia operativa". Per quei primi lavori negli anni '40 come per quelli che seguiranno fino ai nostri giorni penso che sia appropriato considerarlo come pioniere delle scienze cognitive, tutte le scienze che si occupano di capire come funziona la mente umana. Negli anni '40 Ceccato insieme a Giuseppe Vaccarino, Vittorio Somenzi, Ernst von Glasersfeld e altri costituì la cosiddetta Scuola Operativa Italiana; più tardi si aggiunsero collaboratori importanti quali Enrico Maretti,  Bruna Zonta, Gianpaolo Barosso, Renzo Beltrame e via via studiosi come Felice Accame, Marco Sigiani, Carlo Oliva, Francesco Ranci, Carlo Ernesto Menga, Flora Vaccarino,  io stesso ed altri. Insieme ci occupiamo di sviluppare il modello attenzionale della mente e in tal senso costituiamo tutti insieme questa Scuola Operativa: non si tratta dunque di una scuola come l'Accademia di Brera o Coverciano ... cioè non si tratta di un'istituzione con finanziamenti, laboratori etc. ma semplicemente di una scuola di pensiero che trova un punto di incontro e svolge attività comuni nell'ambito della Società di Cultura Metodologico-Operativa.

All'inizio Ceccato ha posto un lavoro di critica. In particolare ha criticato quello che lui chiama "raddoppio del percepito": quando io dico che questo tavolo è un oggetto perchè possiede la caratteristica intrinseca di essere un oggetto e affermo di poter estrarre tale caratteristica dall'osservazione del tavolo, allora nella mia spiegazione uso un "raddoppio del percepito", cioè costituisco il tavolo come oggetto nella mente - senza rendermene conto - poi proietto questa caratteristica all'esterno - sempre senza consapevolezza del mio operare - e quando infine mi rendo conto di pensare il tavolo come oggetto spiego questo pensiero dichiarando di aver estratto la caratteristica "oggetto" dal tavolo stesso come sua intrinseca qualità.

Un'altra critica di Ceccato riguarda le definizioni fondamentali, ad es. quella di numero, di punto, di verità, di singolare, di plurale, etc. In effetti la scienza moderna si trova in grosse difficoltà di fronte a tali definizioni. Ad es. riguardo alla definizione di "numero" la matematica ha addirittura rinunciato a dare una risposta e così un classico contemporaneo di teoria dei numeri incomincia dicendo: "Partiamo dall'esistenza dei numeri naturali 1,2,3,4,5 ... etc. che consideriamo come dati". Molte ricerche matematiche di base, partite con l'obbiettivo di giungere ad una teoria che includesse anche la definizione di numero, hanno dovuto rinunciare.

Altro esempio classico la definizione di "verità", un problema filosofico di fronte al quale - a differenza dei matematici - i filosofi non hanno rinunciato ma che rimane tuttora molto aperto perchè tutte le soluzioni più "quotate" fanno uso dell'improbabile "raddoppio del percepito". Infine la definizione di "punto": dopo 2200 anni siamo ancora al livello di Euclide che inizia il suo trattato - i famosi "Elementi" - dicendo che "il punto è ciò che non ha dimensioni", quindi dando una definizione negativa, dicendo ciò che non è, come se io dicessi "Il tavolo è ciò che non ha finestre" oppure "Un orologio è ciò che non ha quattro ruote e non consuma benzina". Posso dire di una cosa ciò che non è, però normalmente non è molto utile per capire questa cosa. Oltre alle espressioni negative troviamo spesso nelle definizioni fondamentali anche metafore irriducibili, come ad es. nelle definizioni scientifiche di "concetto", "oggetto", "astrazione", "conoscenza" etc.

Questa in breve la critica di Ceccato alla tradizione filosofica che ha cercato di spiegare come funzioni la mente.

©1998,M.Bettoni,CZM,Fachhochschule beider Basel

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